Il post non vuole
minimamente sminuire il risultato elettorale del neo-sindaco, ma vorrebbe
spingere a una riflessione generale su come debbano essere ridimensionate le
parole trionfo e sconfitta nell’era della disaffezione politica.
Le elezioni si sono concluse, hanno decretato vincitori e
vinti e non possiamo che augurare un buon lavoro alla maggioranza e all’opposizione
Gli ultimi 25 anni di berlusconismo hanno trasformato la
contesa politica a ogni livello istituzionale in semplice tifo da stadio
svuotando completamente il senso stesso delle elezioni.
Quanti elettori hanno letto i programmi? Quanti hanno
votato consapevolmente andando oltre concetti come “giovane” o addirittura “onesto”
(terminologie che ormai pervadono tutti i partiti e le coalizioni) ?
Un tempo la contesa era tra comunisti e democristiani,
partiti che con tutti i limiti del caso, rappresentavano schieramenti e modelli
ideali (capitalismo e socialismo reale).
L’onestà di un candidato dovrebbe essere un requisito
acquisito nelle democrazie serie. Lo stesso termine “candidato” si riferisce al fatto che i candidati alle cariche politiche nell’antica
Roma indossavano, per farsi riconoscere, una toga di un bianco particolarmente intenso (candida),
come segno di purezza, di candore. Insomma per i Romani doveva essere
scontato questo requisito
Andando
oltre agli spot elettorali ( „Ricette giuste“; „Amore“patriottici;“
Rivoluzionari Coraggiosi), competenza, capacità, affidabilità dovrebbero essere
la stella polare degli elettori.
Invece
spulciando i social-media, nelle migliori delle ipotesi i „fans“ dei candidati
si limitano a rinoconoscere quello che si spera sia il minimo sindacale
(onestà), nelle peggiori arrivano alla denigrazione dell’avversario.
In qualità di
amministratore di questo blog, posso vedere i post più cliccati e c’è un abisso
tra quelli più “tecnici” (bilanci, analisi su tasse e spese ecc) che raramente
raggiungono i 400 click e quelli più “politici”. Quasi 4.000 persone hanno
letto il post sulla composizione del consiglio comunale.
Ma andiamo ad analizzare
i voti dei ballottaggi con quelli dell’ultimo referendum. Certo sono due tipi
di elezioni diversi, ma quello che è stato un flop per il referendum, diventa
vittoria travolgente alle elezioni comunali.
Al referendum hanno
votato per il SI 5.607 voti, non sufficienti per la vittoria e per decretare
una sonora batosta ai promotori.
Al ballottaggio il super
suffragato Cosola ha incassato 5.346, meno dei voti presi dal SI .
Insomma siamo arrivati
alla democrazia della minoranza. Un gruppo ristretto di elettorato determina la
vita pubblica.
Sarebbe troppo facile colpevolizzare
coloro che decidono di restare a casa, ma a mio avviso vi è una crisi più
profonda.
Non si votano più ideali
(nel bene o nel male) ma solo persone e se il voto si riduce a questo è
inevitabile la mancanza d’interesse
Speriamo la nuova classe crei aspettative nuove e diverse e magari maggior interesse
Antonio Di Gilio
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